Salute e sicurezza dei lavoratori negli uffici
La tutela della sicurezza e della salute per i lavoratori negli uffici, in base a quanto stabilito nel D.Lgs 81/08, riguarda due aspetti fondamentali.
Innanzitutto, i requisiti dell’ambiente di lavoro, cioè tutte quei parametri progettuali descritti nell’articolo 63 nell’allegato IV del Testo Unico: la stabilità e la solidità dei materiali, la corretta realizzazione di pavimenti, muri, soffitti e finestre, la predisposizione delle vie di fuga e di emergenza, la dimensione di porte, portoni e scale. Se molti di questi requisiti sono in generale obbligatori per tutti gli ambienti di lavoro, alcuni riguardano esclusivamente la progettazione degli uffici.
- Le vie di fuga e di circolazione devono rispettare la normativa antincendio connessa all’ambito professionale di riferimento (nel caso degli uffici, si tratta di luoghi di lavoro a rischio basso), le uscite di sicurezza devono essere mantenute sempre sgombre. La normativa vigente prevede che il Datore di Lavoro predisponga un piano di emergenza pensato per mettere in salvo il maggior numero possibile di lavoratori presenti nell’ufficio, unendo a questo l’elaborazione delle vie di fuga e la realizzazione ed esposizione di apposite planimetrie che riproducano nel dettaglio il percorso da seguire in caso di pericolo.
- L’arredo dev’essere sicuro e a norma, le porte devono rispettare l’apertura verso l’esterno ed essere trasparenti e resistenti all’urto.
- Per quanto riguarda il piano di lavoro e la seduta, la scrivania non dev’essere lucida, quindi riflettente, onde evitare un eccessivo sforzo per la visione dei dati sullo schermo, la grandezza dev’essere tale da poter posizionare la tastiera del terminale a almeno a 15 cm di distanza dal lavoratore, e l’altezza dev’essere tra compresa tra i 70 e gli 80 cm. La seduta deve poi garantire una posizione ergonomica corretta, regolabile sia nell’altezza che nell’inclinazione.
- Nel controllo del microclima, occorre un’adeguata manutenzione agli impianti di climatizzazione, soprattutto per quanto riguarda la regolazione dell’umidità. In particolare, l’umidità dev’essere compresa tra il 40 e il 60% nella stagione calda, tra il 40 e il 50% nelle altre stagioni; le temperatura, d’estate, non dev’essere inferiore a quella esterna di oltre 7°C, mentre deve rimanere stabile tra i 18 e i 20°C per tutto il resto dell’anno.
Segue la valutazione dei rischi: in questo ambito rientra una particolare tipologia di rischio associata al lavoro compiuto dai videoterminalisti, cioè quei lavoratori che per un periodo minimo di 20 ore settimanali svolgono le proprie mansioni utilizzando un terminale video (definito dall’articolo 173 del D.Lgs 81/08 come uno schermo alfanumerico o grafico).
Il lavoro al videoterminale: le misure di prevenzione da applicare
Il lavoro al videoterminale è la tipica attività che ha luogo in un ufficio, caratterizzata dall’immissione di dati, dalla videoscrittura, dal calcolo e dall’analisi delle informazioni.
Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di:
- valutare i rischi specifici di tali operatori, quali l’indebolimento della vista, i problemi legati alla postura e all’affaticamento visivo e mentale, le condizioni ergonomiche e di igiene ambientale;
- assicurare ai dipendenti un’adeguata formazione e informazione;
- accertarsi che tutti rispettino la pausa di 15 minuti ogni due ore di attività al videoterminale.
Se il lavoratore è affetto da particolari patologie dell’apparato visivo, può stabilire dei tempi di interruzione diversi da quelli definiti dalla normativa, o concordare una “pausa attiva”, che consiste nello svolgimento di un’attività che non prevede l’uso del videoterminale e che implichi l’assunzione di posture diverse da quelle consuete. Ciascun lavoratore deve comunque provvedere a conformarsi a una seduta corretta e assicurarsi che il monitor sia posizionato ad altezza occhi. Lo schermo dev’essere a norma, orientabile e inclinabile in base alle esigenze del lavoratore, e posto a una distanza non inferiore a 50-70 cm, poco più più in basso rispetto all’orizzonte visivo. In definitiva, per i videoterminalisti sono previsti rischi legati al mantenimento di una postura statica e alla necessità di concentrare lo sguardo sullo schermo per tutta la durata del lavoro, cui si aggiungono rischi generali legati all’ambiente di lavoro (illuminazione, microclima, rumore) e rischi specifici dovuti alle caratteristiche degli strumenti utilizzati (hardware, software).
Bisogna inoltre ricordare che chi lavora in ufficio rientra fra le categorie maggiormente sottoposte allo stress lavoro correlato, poiché le continue sollecitazioni psicologiche, spesso anche molto pressanti, possono portare al raggiungimento di alti livelli di ansia e tensione, con conseguente calo della produttività e disagio psicofisico nell’ambiente di lavoro.
Salute e sicurezza dei lavoratori negli studi professionali
A fare chiarezza sugli adempimenti e sugli obblighi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro negli studi professionali, è intervenuta a ottobre 2010 la Commissione Sicurezza del Consiglio Nazionale Periti Industriali e dei periti industriali laureati (CNPI), mediante l’emissione delle Linee Guida per la verifica degli adempimenti di sicurezza negli studi professionali in osservanza al D.Lgs n. 81/2008. Il documento si applica a tutte le tipologie di studi professionali e affronta in modo trasversale e omogeneo gli obblighi ascrivibili ai titolari degli studi, le disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e le relative responsabilità nonché gli strumenti per un’adeguata e conforme valutazione dei rischi di categoria.
A titolo meramente esplicativo ma non esaustivo, fanno parte di questo settore: studi di commercialisti, avvocati, amministratori di condominio, ingegneri e studi di consulenza progettuale, notai, periti industriali, geometri. Le Linee Guida del 2010 sono applicabili a condizione che siano rispettati alcuni requisiti e sono comunque state oggetto di revisione in occasione di alcuni provvedimenti normativi emessi successivamente al 2010, quali per esempio il Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012 sulle procedure standardizzate, e la legge di conversione n. 98/2013 che consente l’adozione di un modello ministeriale ai sensi dell’art 29 del Testo Unico per alcune tipologie di aziende definite a basso rischio infortunistico, tra le quali potrebbero rientrare gli studi professionali.
Il provvedimento è applicabile se sussistono determinate condizioni:
- presenza minima di un lavoratore, per un massimo di dieci unità;
- attività non soggetta a C.P.I. (dovuto, ad esempio, alla presenza di archivi cartacei);
- rischi derivanti dallo svolgimento di attività di tipo tecnico-amministrativo, in assenza, quindi, di esposizione ad agenti chimici, biologici, rumore, vibrazioni, movimentazione manuale dei carichi, atmosfere esplosive, campi elettromagnetici, uso di macchine utensili, ecc.;
A condizione, quindi, che vengano rispettati tali requisiti, gli studi professionali possono avvalersi delle Linee Guida e applicare le procedure standardizzate per effettuare la Valutazione dei Rischi.
Le tipologie di rischio quali l’esposizione ai videoterminali, lo stress lavoro correlato, le sorgenti rumorose o il microclima sono tutte comunemente riscontrabili all’interno di un ambiente in cui venga praticata prevalentemente un’attività di ufficio, quindi applicabile alla maggior parte degli studi professionali; tuttavia, per alcune tipologie occorre effettuare una valutazione più dettagliata e approfondita, nel caso in cui, ad esempio, i lavoratori siano esposti a rischi specifici, come i geometri o i progettisti, che svolgono un’attività di supervisione diretta all’interno dei cantieri edili.
L’obbligo di formazione negli uffici e studi professionali
Per quanto riguarda l’obbligo di formazione, l’Accordo Stato-Regioni del dicembre 2011 impone ai titolari, agli addetti, ai tirocinanti o apprendisti di frequentare un certo numero di ore di formazione e di aggiornamento in materia di sicurezza, in base al livello di rischio dell’azienda e al ruolo svolto all’interno di essa. Dovendo precisare la condizione di tirocinanti, apprendisti e stagisti, gli obblighi in materia di formazione e di sorveglianza sanitaria sono stati ridefiniti ancora una volta all’interno del “Decreto del Fare” (D.M. 69/2013): pur restando valido il presupposto che fa rientrare queste categorie all’interno della definizione generale di “lavoratore”, gli obblighi di formazione sono vincolati al fatto che, per i soli lavori di breve durata, questa non sia stata già precedentemente sostenuta (e opportunamente documentata) all’interno del medesimo settore lavorativo e/o nei confronti degli stessi rischi.